“Detective Conan” ossia sognando Sherlock Holmes

Il piccolo Conan Edogawa punta a scoprire che cosa è successo al suo corpo da adolescente trasformato da una pozione misteriosa. Intanto, lui, ormai ex-detective famoso e ammirato, risolve casi nonostante tutto.

Sherlock Holmes è il suo eroe, ma lui è diventato a sua volta un eroe per milioni di fan in tutto il mondo: Detective Conan, scritto e disegnato dal mangaka Gōshō Aoyama, ha persino un museo che è sostanzialmente dedicato a lui. È il quarto manga più venduto nel mondo con le sue 250 milioni di copie (nel momento in cui sto scrivendo) e se la gioca con colonne portanti dell’immaginario nipponico e mondiale come Dragon Ball (al terzo posto), Golgo 13 (al secondo) e One Piece, che con 516 milioni di copie sbaraglia tutti e rimane da tempo saldamente in testa alla classifica.

Un’immagine tratta da TripAdvisor del museo dedicato a Gōshō Aoyama

LA TRAMA

Shinichi Kudo è un liceale, ha solo 17 anni ma le sue doti di risolutore di enigmi sono famose. La polizia si rivolge a lui come consulente investigativo ed è così che punta diritto a diventare “l’Holmes del nuovo millennio”. Ma senza un intoppo non ci sarebbe storia, giusto? Ecco che mentre cerca di passare un pomeriggio spensierato al luna park insieme alla sua amica (diciamo “amica”, dài…) Ran, si trova non solo a risolvere un omicidio avvenuto su un ottovolante ma incontra dei cattivi veri che decidono di sbarazzarsi di lui con una pozione velenosa mai testata prima. L’intruglio non provoca gli effetti sperati (per fortuna) ma Shinichi si ritrova ringiovanito di 10 anni. Ed ecco che per trarsi d’impaccio dovrà inventarsi una nuova identità, quella di Conan Edogawa – nome che rappresenta un chiaro tributo a Conan Doyle e ad Edogawa Rampo, straordinario autore di gialli giapponese. Il ragazzino si trasferisce a casa di Ran come ospite provvisorio in attesa del ritorno dei suoi genitori dall’estero, e risolverà di volta in volta, ma senza destare sospetti (quasi mai, perlomeno) i casi che il padre di Ran, Kogoro, un detective decisamente scarso, si troverà ad affrontare.

Ecco il momento nel manga numero 1 della serie in cui Shinichi Kudo inventa la sua nuova identità: sullo sfondo i libri dello zio Arthur

Ma quindi, com’è detective Conan?

Come vi spiegavo nell’articolo precedente dedicato a Moriarty The Patriot, il mondo dei manga è nuovo per me, ma questa serie mi è stata consigliata talmente tante volte che alla fine ho ceduto. Volete la verità? È davvero impossibile smettere di leggere ogni singolo tankōbon (il formato classico dei manga). Le storie gialle che Conan di trova ad affrontare sono assolutamente deliziose, intriganti e mai scontate. L’ambientazione è moderna, sia chiaro (a differenza di “Moriarty”) ma il ritmo e la classe di questi intrighi dimostrano senza ambiguità la passione sfrenata di Gōshō Aoyama per questo genere letterario. In una delle poche interviste che ha rilasciato, il mangaka (termine con cui si indica l’autore di fumetti in Giappone) ha spiegato che la parte più difficile e insieme la più bella di creare ogni storia di Conan sta proprio lì: inventare nuovi gialli e nuovi percorsi mentali per svelare i misteri. C’è da credergli: immaginatevi a creare almeno tre storie gialle per ogni tankōbon per 100 uscite. Sì, perché Detective Conan viene pubblicato dal gennaio del 1994. Sono sconvolta: e pensare che Doyle si scocciò di Sherlock dopo solo 56 storie… lavativo :-).

Si tratta di una lettura leggera ma molto interessante, che attiva il cervello e che contiene un filo rosso, la storia della condizione “rimpicciolita” di Shinichi Kudo che dovrà, prima o poi, trovare uno sbocco. Fra chiari momenti in cui Ran crede di intravedere nel piccolino il suo amato Shinichi (che gli manca molto) e l’Organizzazione Nera che aleggia pericolosa attorno a Conan, le storie volano.

Conan risolve i casi ma la fama va a quel “pirlotto” del papà di Mori 😀

Gialli e manga

Ne faccio cenno solo brevemente, perché poi potrete approfondire meglio il discorso in un articolo/intervista che scrissi qualche anno fa, ma il rapporto fra storie gialle e manga è davvero interessante. Va ricordato che, per esempio, in Giappone, Sherlock Holmes è un vero eroe nazionale. Ci sono sempre più serie manga che hanno una trama o una sotto trama gialla: pensiamo al magnifico Death Note (con il personaggio di Elle che è ispirato solo un pochino ad Holmes… ma giusto un pelo), Moriarty a cui facevo riferimento prima, ma anche la storia di Pluto o Bungo Stray Dogs, o, ancora Master Keaton.
Se volete approfondire un po’ questo legame “giallo-manga”, c’è un libro che ne parla perfettamente: vi lascio qui recensione e intervista a Gianluca Lamendola, autore del saggio “Elementare, Matsuda!”.



Consigliato: sì, ma di brutto.
Adatto agli sherlockiani: senza dubbio
Da leggere più volte: 
perché, no, ma ci sono talmente tanti episodi che… non sarà necessario.