“Sulle tracce di Jack lo Squartatore” di Kerri Maniscalco

Il primo romanzo di una serie di quattro mistery-romance acclamatissimi e grazie ai quali l’autrice, Kerri Maniscalco, è diventata famosa in tutto il mondo…

Il mistero è fitto, anzi, non è nemmeno un mistero, è una stregoneria bella e buona. Ci deve essere una sorta di formula magica che ha permesso a questo romanzo di creare un hype mostruoso attorno a sé senza un vero motivo ma, soprattutto, di impedirti di lasciarlo a metà nonostante abbia dei limiti enormi.
Ma partiamo dall’inizio e vediamo insieme che cos’è questo libro, perché, dove, quando… soprattutto perché.

Da dove arriva Kerri Maniscalco?

La cosa che mi ha sorpreso di più (oltre l’aver comprato questo libro e anche il suo seguito, ma ne parliamo dopo) facendo qualche ricerca su cugina Kerri è che è protagonista di pochissime interviste. Dato il successo strepitoso mi ero figurata di vedere decine e decine di video online in cui ripeteva la stessa storia di come era arrivata al successo e invece, ho trovato due video interviste striminzite e in canali davvero di piccolo profilo. Ma è grazie a questi due brevi interventi, trascinati con un accento americano talmente forte che mi fischiavano le orecchie, che ho scoperto qualcosa su questa autrice. Prima di tutto il suo primo libro non è stato “Sulle tracce di Jack lo Squartatore”: prima di vederlo pubblicato, Maniscalco si è vista rifiutare ben 7 romanzi (segnatevelo quando vi sentirete tristi e senza motivazione). Sette.

L’autrice, ora quarantenne, Kerri Maniscalco, americana.

Alla fine, però, ha fatto il colpaccio quello grosso: un certo James Patterson (lo scrittore di thriller più famoso e ricco del mondo che, giusto per darvi un’idea, ha venduto circa 450 milioni di libri) fonda nel 2015 una casa editrice per ragazzi, la “Jimmy Patterson” (grande fantasia…): il libro di Kerri finisce lì.

Patterson lo legge (o così racconta lei) e decide che questo mistery-romance-historical-fiction-cherry-merry-muffin sarà il primo non scritto da lui a finire nella collana. Bum! Kerri ha 35 anni, 7 portoni in faccia alle spalle ma ora la sua Audrey Rose e il suo bonone Thomas Cresswell hanno imboccato il tunnel della celebrità. Si vola. Patterson gli commissiona altri romanzi della serie (che all’inizio non lo era, ma lo è diventata) e si arriva a 4 volumi. La Maniscalco poi pubblica altri romanzi, ma di quello non ci interessa.

La trama

Ma veniamo al libro e al perché lo trovate qui. Iniziamo dalla seconda risposta: mi andava un libro romantico, facile, di ambientazione vittoriana, con una copertina bella e un’edizione “cicciosa” perfetta per l’estate. Il caldo mi fa l’effetto “romanticherie” storiche o fantasy, non ci posso fare nulla.

In secondo luogo questo libro, è vero che si inserisce nel gruppo “romance” ma nemmeno poi tanto perché il grosso sta nell’indagine della protagonista sugli omicidi di Jack The Ripper; non è un giallo classico, ma una sorta di caccia all’uomo-thriller in salsa vittoriana con anche l’amorazzo. Un cocktail micidiale.

Costa e quarta del romanzo

La trama è facile: abbiamo una ragazza di 17 anni, Audrey Rose, nobile, bonona e caparbia che vorrebbe seguire le orme dello zio che di professione fa il medico legale, dissezionando i cadaveri che gentilmente Scotland Yard gli porta, per capirne un po’ di più su come sono finiti lì lunghi e distesi. Audrey – che è fanciullesca, noiosa, capricciosa, confusa e testarda come tantissime protagoniste degli young adult – non vuole seguire le regole della femminilità stereotipata vittoriana fatta di limiti, corsetti e belle maniere: vuole tagliuzzare i cadaveri. Lo zio acconsente a farla partecipare alle lezioni e insieme a lui c’è il suo assistente (sì, il bonone) Thoman Cresswell, spalla maschile del romanzo e crush totale della Audrey (che è l’unica nel romanzo a non capire che s’è presa una cotta per lui, ma vabbè).
Sul tavolo dello zio arrivano i cadaveri delle prime vittime di Jack The Ripper, e Audrey e Thomas non possono fare a meno di voler scoprire che cosa sta succedendo, sfoderando tutte le loro doti investigative.

Thomas è una sorta di copia giovane di Sherlock Holmes e i richiami sono talmente evidenti che si trasformano in omaggi (o almeno così spero). C’è anche una scena che richiama “Il segno dei quattro” quando Thomas usa un cane per seguire una traccia per tutta Londra. Audrey dovrebbe essere Watson ma, no, perché le indagini le “conduce” lei (anche se non si capisce bene come, fra un conato trattenuto e un tremolio alle gambe, riesca a capirci qualcosa). I due indagano e intanto combattono contro gli strali della loro epoca, contro il padre di lei, contro la zia bacchettona e il sovraintendente Blackburn (anche lui bonone).

I limiti del libro

Il romanzo è un classico “appiccicami alle pagine” ma con enormi problemi di stile. Ne elenco alcuni che sono, a mio avviso, quelli più giganteschi.

1 – Le continue metafore-spiegone: ogni sensazione, azione o pensiero della protagonista vengono spiegati al lettore tramite una metafora; Cugina Kerri, davvero, se avessi eliminato tutti quei “come” avremmo compreso lo stesso, giuro.

2 – Le domande per condurre il lettore: anche qui un’altra forma di spiegone. Molti passaggi vengono chiariti attraverso delle domande. “Thomas voleva che lo seguissi, o semplicemente mi stava ignorando?”. È abbastanza tipico dei romanzi che puntano ad un pubblico enorme (anche Christian Jacq lo mette sempre ma compensa con l’accuratezza storica essendo egittologo, e quello lo salva).

3 – I dialoghi “stonati”: ci sono punti nei quali la vicenda si fa abbastanza macabra e dolorosa (o almeno così dovrebbe essere) ma Kerri ci pianta in mezzo scambi fra i personaggi che potrebbero essere ambientati durante una passeggiata al parco, oppure li fa “bettegare” come delle comari mentre sono nel pieno di una situazione altamente drammatica. Stonature continue.

Ma che incantesimo è mai questo?

Non sono un lettrice che si auto infligge i libri: se non li tollero, li abbandono ma qui non è successo. La storia mi ha coinvolta, il romance (non troppo forte) mi ha incuriosita e il mistery non è del tutto da buttare anche se è abbastanza semplice. Alla fine, volevo sapere cosa avrebbero combinato i protagonisti, anche se sono rimasta più legata a Thomas che a quella spiccia-casa di Audrey. Non sono ancora riuscita a capire, infine, se gli editor di questo romanzo sono dei geni assoluti o dei cialtroni senza speranza, sta di fatto che, in questa estate 2023, ho comprato anche il secondo libro della Kerri, spinta anche dalle edizioni economiche.

Insomma, non è un romanzo da buttare, ma dovete sapere a cosa andate incontro, e leggerlo con la testa leggera e una certa predisposizione al sorriso indulgente, lo stesso che si rivolge ai bambini che tentano di disegnare un cavallo ma, di fatto, stanno straziando il foglio immortalando una sorta di pettine a 4 denti.