Il secondo romanzo di Mary Roberts Rinehart viene pubblicato nel 1909. Gli ingredienti sono tre: personaggi ben fatti, ironia delicata e un’autrice che da senso alla parola “donna”.
La prima volta che ricevette un “sì” dal proprio editore, la Rinehart si trovava a fare la spesa in macelleria. Qualcuno da casa, sapendo di trovarla lì, le lesse la lettera con la quale il suo editore dava via libera al suo primo romanzo, “La scala a chiocciola”: era il 1908. Eppure la carriera letteraria di questa donna forte e piena di ironia, inizia molto prima quando a 15 anni spedisce ad un giornale locale alcuni suoi racconti che le vengono subito pubblicati.
Nel mezzo ci sono un diploma da infermiera, un marito (medico) e tre figli, due dei quali saranno soci fondatori di una casa editrice americana che è ancora in attività, la Holt, Rinehart and Winston, specializzata in libri di testo scolastici.
Mary Roberts Rinehart, però, non aveva dimenticato la scrittura e a causa di una crisi economica familiare, provò a scrivere per vivere e ci riuscì. Il primo racconto le fruttò 34 dollari e spinta dall’entusiasmo, continuò a scrivere con una velocità e una qualità sempre più alte, fino a che il suo editore le disse che era tempo di provarci davvero, ma con un romanzo. Ed è quel giorno, mentre aspettava un sì o un no per la sua prima fatica letteraria, che la Rinehart era in macelleria, e la coppia che gestiva il negozio dovette tirare fuori il telefono dallo stanzino di servizio nel quale si trovava e passare la cornetta attraverso il bancone, per fare in modo che Mary potesse ascoltare subito quella lettera che le avrebbe cambiato la vita.
Non sono mai stata una prima donna e anche se ne avessi avuta l’intenzione, ero circondata da una famiglia che, se mi fossi comportata così, avrebbe riso moltissimo di me.
Mary Roberts rinehart
La verità è che la vita e la storia di questa donna sono più interessanti dei suoi romanzi e, va chiarito, non è che i romanzi non lo siano. Ma l’idea che nella prima metà del Novecento questa infermiera, mamma, moglie, e giornalista fu la prima donna ad intervistare Winston Churchill nonché una delle prime inviate di guerra, mi pare un punto sul quale non è possibile passare oltre per capire un po’ di più che cosa possiamo andare a leggere.
La trama
“L’uomo della cuccetta n.10” è il secondo romanzo della Rinehart, di una serie di 15 gialli che scrisse nel corso della sua carriera (in tutto scrisse circa 50 libri). “Non ho nessun lato criminale nella mia personalità- scrive in un articolo del 1939 e pubblicato dal Saturday Evening Post, “Writing is work“- anzi, sono una di quelle persone che insiste con il controllore affinché le verifichi il biglietto o che restituisce gli ombrelli quando glieli prestano, eppure…”.
Il racconto, ambientato negli Stati Uniti, fra Pittsburgh e Washington, narra la vicenda del giovane avvocato Lawrence Blackley, che insieme al suo socio ed amico Richard McNight, sta per concludere con successo una causa per frode. L’ultimo passo verso la vittoria è la consegna di alcuni prove documentali decisive che Blackley deve portare in treno fino a Washington.
Nel vagone letto Ontario che, insieme al treno, rappresenta l’ambientazione della prima metà del libro, succedono cose davvero bizzarre: non solo Blackley viene derubato della valigetta che contiene le cambiali falsificate, ma si ritrova a dormire in un posto letto che non è il suo, con indosso vestiti di qualcun altro e con una velata (ma non troppo) accusa di omicidio sulla testa. Inoltre è sempre fra i corridoi del treno che Lawrence conosce la bella e taciturna Alison West, donna per la quale inizierà a crollare la sua fama di uomo solitario, dedito solo a cavalli e lavoro.
Mentre la vita di Blackley sembra stravolgersi, fa la sua comparsa anche un altro personaggio importante e molto piacevole, Wilson Budd Hotchkins, detective dilettante che contiene in sé, come in uno strano cocktail dal buon sapore, una spruzzata del metodo analitico di Sherlock Holmes e un assaggio dell’ironia e dell’impazienza di Poirot, pur costituendo un personaggio dai tratti del tutto originali. Sarà lui insieme a Richard McNight e allo stesso Blackley a cercare di trovare il bandolo di una matassa che sa di omicidio in treno e documenti volatilizzati nel nulla.
L’analisi
Il libro contiene tutti gli elementi narrativi che, secondo la critica, caratterizzano la produzione della Rinehart, definita la Agatha Christie americana (anche se, di fatto, ne precede di parecchi anni, l’attività). Il punto fondamentale del giallo sono i personaggi e le loro storie personali, mentre lo sviluppo delle indagini passa decisamente in secondo piano. L’ambientazione, se non per la presenza necessaria del treno, è del tutto priva di ruolo.
Ci affezioniamo ai due giovani avvocati, ascoltiamo i ragionamenti del detective dilettante ma il punto non è più la soluzione del caso, se non per il fatto che questo potrebbe scagionare Blackley. La Rinehart scrive delle “mistery story” e non più delle “detective story”.
Non vorrei screditare la sua intelligenza, signor Blackley, ma le manca l’occhio del professionista, la mente analitica. Voi uomini di legge, dite pane al pane, anche se si può trattare di una brioches.
Wilson Budd Hotchkins
Altro elemento che rende davvero apprezzabile il libro della Rinehart è l’ironia, una caratteristica che la contraddistingue a livello personale (lo si nota bene leggendo il suo articolo sul Saturday Evening Post) e che riversa in tutti i suoi personaggi in modo diversi e con varie grammature (persino la signora Klopton, la governante dei due giovani avvocati, ha tratti deliziosi).
Questo è un romanzo da leggere, quindi, per avere compagnia, e per conoscere personaggi che un po’ ci mancheranno, più che per mettere alla prova la nostra mente sul caso e sugli indizi sparsi qui e là.
Consigliato: sì
Adatto agli sherlockiani: no
Da leggere più volte: no
Mary Roberts Rinehart
L’uomo della cuccetta n.10
2003
Polillo Editore
euro 12,40