
Ecco il secondo romanzo della serie con protagonista Gemma Doyle, libraia inglese trapiantata in una piccola città americana, Cape Code. Tornano la libreria dedicata ad Holmes e l’amica pasticciera complice delle indagini, fra piccole avventure e un classico omicidio da risolvere.
Dopo aver letto il primo della serie, portato in Italia da Newton Compton, ecco che l’uscita del secondo della serie della Libreria Sherlock Holmes mi ha fatto subito mettere mano alla funzione “Clicca e ritira” di Feltrinelli.
Non sempre questi libri sono perfettamente distribuiti e volevo andare sul sicuro approfittandone anche per fare un disinteressato giretto in libreria.
Talmente disinteressato che, per la cronaca, oltre ad aver recuperato “C’è un cadavere a Baker Street” mi sono portata a casa anche “Dieci tazze di tè” di Carter Dickson nella sua nuova edizione 2024 di Polillo: piuttosto scontato che non stessi ferma con le mani nel settore gialli, ma proseguiamo.

La storia, la trama
Il secondo romanzo della serie con protagonista Gemma Doyle, libraia dal cuore britannico trapiantata sulla costa americana nella cittadina di Cape Code (città che esiste davvero ed è la fotocopia di Cabot Cove, ambientazione dei gialli della Signora Fletcher) non sorprende e non delude rispettando le promesse fatte dalla prima storia, “Mistero alla libreria Sherlock Holmes”, della quale vi avevo parlato qui.
Nella libreria emporio Sherlock Holmes, lasciata in gestione ad Emma dallo zio Arthur che ama più viaggiare che fare il libraio, ecco un’occasione d’oro. Una telefonata arriva a portare un po’ di scompiglio perché la famosa scrittrice di apocrifi holmesiani, Renalta Van Markoff, ha deciso di presentare il suo nuovo romanzo proprio nel piccolo spazio di Emma, con tanto di firma copie. Renalta è amatissima dal pubblico – soprattutto femminile – ma invisa ai fan di Sherlock Holmes: l’idea di una relazione fra il detective e la signora Hudson, che poi è la vera autrice delle nuove indagini, fa saltare il ticchio a molti cultori di Baker Street. Gemma accetta di ospitarla, accompagnata dalla sua assistente personale e al suo ufficio stampa, un ragazzo bello e ambizioso.
Lo zio Arthur è un fanatico di Sherlock ma nessuni lo definirebbe un tipo trano, almeno non davanti a lui, ma non preoccuparti, sono innocui. – “Preoccuparmi ? – Ashleigh scoppiò a ridere. “Trovo che sia fantastico!”
Durante la presentazione che fa il tutto esaurito, la scrittrice muore in circostanze misteriose dopo aver bevuto il suo ennesimo bicchiere d’acqua per placare la sua palese ansia da palcoscenico. Ad essere accusato dalla polizia è uno dei più assidui frequentatori della libreria, Donald Morris, che aveva attaccato verbalmente la Van Markoff solo pochi minuti prima, accusandola di aver stravolto il personaggio di Holmes.
Gemma non può trattenersi dall’indagare: primo per dare sfogo alla sua indole di acuta osservatrice, e in secondo luogo per aiutare l’amico. Le indagini si svolgeranno fra colloqui, piccole missioni avventurose e qualche pericolo non da poco.

Sì, ma com’è questo libro?
In questo secondo romanzo l’elemento holmesiano è meno presente rispetto al primo. Qui Sherlock e il suo mondo diventano più una cornice e un pretesto, mancano un po’ i riferimenti al collezionismo, agli oggetti e ai romanzi apocrifi.
È senza dubbio interessante il punto di partenza dell’indagine: l’avversione sincera e verificabile che molti cultori di Sherlock hanno nei confronti dei romanzieri che usano il detective in chiavi molto diverse da quelle concesse a denti molto stretti ai romanzi apocrifi che si ispirano al Canone (ossia l’insieme dei 56 racconti e dei 4 romanzi con protagonista Holmes e scritti da Arthur Conan Doyle).
Rimangono però le atmosfere da cittadina alla Cabot Cove, le deliziose descrizioni dei tè pomeridiani di Gemma e Jayne, la serenità normale della vita di Gemma fra cene veloci nella sua casa, passeggiate con Violet (il suo cane) e tante letture, così come il piacere di leggere un giallo dalla struttura molto classica con più indiziati e un twist finale (non troppo sorprendente, a dir la verità).
Senza dubbio la trama, grazie a quel gancio iniziale, poteva forse essere infittita un po’ di più, proprio perché il mondo delle diatribe fra holmesiani e scrittori di apocrifi avrebbe permesso qualche azzardo.
In più il personaggio di Gemma e i fili rossi che corrono lungo i romanzi, come la sua amicizia con Jayne, la sua relazione finita (ma davvero?) con il poliziotto Ashburton e la sua forse cotta per il collezionista antiquario, non hanno nessuna vera evoluzione rendendo quella parte un po’ sgonfia.
Insomma, “C’è un cadavere a Baker Street” non è un brutto romanzo giallo cozy, anzi, ma non aspettatevi un’ascesa rispetto al primo che, al momento, rimane il migliore. Relax e curiosità sono garantiti, un po’ meno tensione e sorpresa.
Consigliato: ma sì
Adatto agli sherlockiani: abbastanza
Da leggere più volte: no