“Sherlock Holmes e il mostro dell’East End” di Lyndsay Faye

Una lotta sfiancante per il detective londinese: per la prima volta sfinito dal suo lavoro e non dall’inattività.

Se penso che questo è il primo romanzo della scrittrice americana Lindsay Faye, provo solo molta invidia. Non è bello, lo capisco, trattasi di un sentimento che mi fa poco onore, ma mentire non servirebbe. Questo pastiche, che vende combattersi il famigerato autore della lettera “From hell” e il detective privato consulente di Baker Street, è un gran bel libro.

Nel mondo degli apocrifi holmesiani (ossia quei romanzi che rinnovano la penna di Doyle creando nuove avventure per Sherlock Holmes) e dei pastiche letterari in salsa Sherlock (ossia i testi che non solo fingono la penna di Doyle, ma in più mescolano le vicende del detective con quelle di altri personaggi letterari o reali famosi o famigerati) il rischio di trovarsi immersi in una colossale schifezza è molto alto. Scrivere un romanzo – partiamo da questo presupposto doveroso – è molto difficile, figuriamoci imitare lo stile di un autore del calibro di Doyle dovendo conoscere anche perfettamente la storia e le vicende di un fatto realmente accaduto. Quella che va temuta più di ogni cosa, in ogni caso, è l’ira o la puntigliosità dei lettori holmesiani: quella è la vera trincea, ragazzi.

Eppure Faye è molto brava e la sua passione per Holmes, iniziata, come lei stessa spiega alla fine del libro, grazie ai genitori e ad uno zio che le regalò “Le avventure di Sherlock Holmes” e “Il ritorno di Sherlock Holmes” rilegati in cuoio rosso, emerge chiaramente in questo “Dust and Shadow” del 2009, che vede Holmes alle prese con i terrificanti omicidi di 5 donne nel quartiere londinese di Whitechapel.

Non amo le teorie bizzarre e a volte mi chiedo che Holmes non starebbe meglio al manicomio che in Baker Street. Ma credo nei fatti e quella scritta era un fatto grosso come lo stesso muro.

Ispettore lestrade
Un’illustrazione del 1891 su un giornale francese che mostra il ritrovamento di una vittima collegabile agli omicidi dello Squartatore.

La trama

In questo romanzo la storia reale si interseca con la finzione ed è questo uno dei suoi punti di forza. Holmes, sempre sostenuto e seguito dal suo amico e collega Watson, si ritrova immerso senza nemmeno un attimo di respiro, nella caccia ad un criminale molto particolare che uccide le donne senza un vero criterio, sfigurandole e portandone via alcuni organi come trofei agghiaccianti. Lestrade e tutta la Metropolitan Police sono allo sbando, ficcati a testa bassa come sono, nel tentativo di riuscire ad impedire nuovi omicidi; ma Londra è in tumulto in un tutti contro tutti che fa sembrare l’immagine della polveriera pronta ad esplodere, un innocuo gioco di parole.
Non basta. Holmes, dovrà vedersela non solo con un assassino che sembra invisibile ma anche con la stampa, e in particolare con un giornalista (che, fidatevi, vorrete strangolare) che insegue il suo scoop sulla pelle della verità, puntando Holmes come un ragno fa con la mosca nella sua rete. Peccato che quella mosca sia il più caparbio detective del mondo – volevo scrivere “cazzuto” ma poi ho cancellato. .ops, va beh – e che questa vicenda non lo vedrà dormire fino a che non sarà risolta.
La squadra attorno a Holmes è fitta e variegata nonché molto ben descritta. Oltre a Watson, troviamo una prostituta dalla mente sveltissima, quasi potenziale allieva del detective, che sarà fondamentale per indagare fra i vicoli della città, un ispettore Lestrade d’annata, caustico ma essenzialmente di grande buon senso, un militare dalla doppia vita e un dottore dai tratti freudiani.

Il fatto è che se io fossi veramente un criminale, nessuno di loro riuscirebbe mai a scoprirlo. Non esagero nel dire che , se mi liberassi dalle costrizioni della civiltà e della morale, sarei in gradi di diventare un criminale di notevole successo, se non addirittura inafferrabile.

Sherlock Holmes

Tante le false piste, molta la stanchezza, a chili l’ansia di Watson per la sorte dell’amico, decisamente ben calibrati i dettagli macabri di cronaca che ci riportano alla mente il fatto che quegli omicidi sono storia vera. Holmes dovrà lottare contro il suo stesso corpo, riemergere per non farsi fagocitare dalla rabbia per portare a termine una missione che, questa volta, sembra impossibile.

La cover dell’edizione americana del libro di Lindsay Faye.

Sherlock e Jack

La coppia non è nuova. L’idea di far indagare Holmes sugli omicidi di Whitechapel è stata utilizzate più volte. Il personaggio di Doyle si presta magnificamente non solo per un questione cronologica, bensì perché il suo ruolo, da sempre, è stato quello di eroe della logica e di ultimo appello per indagini impossibili. Ecco perché anche il libro “Uno studio in nero” (1967) della coppia Ellery Queen porta sulle pagine il binomio, dopo averlo visto originariamente nel film “Notti di terrore” del 1965 diretto da James Hill. Eccezionale e consigliato come non potrei mai consigliarvi qualcosa d’altro, il romanzo “L’ultima avventura di Sherlock Holmes” di Michael Dibdin (leggetelo dopo questo, nel caso). La coppia Holmes-The Ripper si ritrova anche in produzioni teatrali – l’ultima nel 2019 diretta da Ricard Reguant e scritta da Helen Salfas – e in alcuni videogiochi.
Altri collegamenti? Secondo Stefano Guerra e Enrico Solito, autori del tomo “Holmes e Watson: l’enciclopedia” uscito nel dicembre 2020 per Rogas Edizioni ma edito in versione digitale da Delos Book, “alcuni ascrivono il successo dei racconti del dottor Watson al senso di insicurezza diffusosi in quel momento tra gli inglesi, vedendo che Scotland Yard non riusciva ad acciuffare il criminale: di qui il piacere di scoprire l’esistenza di qualcuno che fosse capace, finalmente, di risolvere i misteri una volta per tutte”.

Uno dei testi più completi scritti sulla vicenda storica di Jack The Ripper, citato fra le fonti per il suo romanzo anche dalla Faye.

MA COM’È QUESTO ROMANZO, QUINDI?

La risposta alla domanda qui sopra è una sola e un po’ banale: bello. Quello che apprezzo maggiormente negli apocrifi e nei pastiche è la capacità di non far perdere – anzi se è possibile di aggiungere – tridimensionalità al personaggio di Holmes.
Nel Canone doyliano, uno degli aspetti più interessanti, è la crescita del personaggio e la sua complessità. Holmes è un prisma che colpito dalla luce (o da un buon autore di apocrifi) fa emergere tutte le sue moltitudini (come direbbe Whitman) nelle quali perdersi ma anche rispecchiarsi. Ecco cosa troverete nel romanzo della Faye: un sacco di Holmes, tanta Londra, molte corde suonate e alcune rotte con grande dolore, qualche dettaglio macabro, parecchia avventura e voglia di scoprire il mistero. Difficile chiedere di più.

Consigliato:
Adatto agli sherlockiani: sì
Da leggere più volte: 

Lindsay Faye
Sherlock Holmes e il mostro dell’East End
Giallo Mondadori – Serie Sherlock
(Non si trova in cartaceo, ma in ebook)
euro 3,99