“L’ospite invisibile” di G.Bristow e B.Manning

Siamo nel 1930. Coniugi e scrittori, Gwen e Bruce creano un giallo che più classico non si può: camera chiusa, 8 ospiti che non possono scappare, una minaccia di morte che incombe… vi ricorda qualcosa?

Non so se avete visto il film “Joker” di Todd Phillips. Se così fosse sapete che quella pellicola ha parecchie chiavi di lettura e che una è senza dubbio il tema degli ultimi, dei diversi, delle fragilità che si scontrano con una società che spinge, preme, normalizza, appiattisce verso standard senza tridimensionalità. C’è chi si ribella, chi passa dal lato “oscuro” per mostrare e gridare il proprio disagio. No, non va giustificato di uccide perché si sente oppresso, ovvio, ma la riflessione sul perché questo accada, sì, quella andrebbe certamente fatta. Ok, il romanzo giallo di Gwen Bristow e Bruce Manning, americani e reporter per due testate di New Orleans, parla anche di questo: quali sono le conseguenze potenziali della pressione sociale? Che forma possono prendere il dolore, la vanità, l’invidia, quando si mescolano fra loro? Chi è il cattivo? Ma veniamo alla trama.

Trama

Siamo a New Orleans, anni Trenta: 8 persone della buona società del tempo – avvocati, pittori, professori universitari, matrone – ricevono un telegramma in cui un misterioso ed anonimo anfitrione li invita ad una festa dedicata proprio a loro per “celebrare il successo”. Nessun dettaglio: la tendenza umana a sentirsi centro del mondo basta a completare gli spazi lasciati bianchi. Tutti ritengono, infatti, di avere un buon motivo per essere celebrati con una festa grandiosa e quindi accettano.

Gwen Bristow e Bruce Manning, gli autori del libro

Tutti e otto inoltre hanno un legame fra loro, diretto o meno. Quella casa bellissima dal giardino pensile che affaccia su uno dei più bei quartieri della città sembra lo scenario ideale per sentirsi ancora più perfetti.
Eppure, eccoli lì: si guardano, ridono, bevono e aspettano un ospite che non arriva. C’è imbarazzo, ma una cena signorile è pur sempre una cena da non lasciarsi sfuggire davanti agli occhi degli altri. Qualcuno pensa di andarsene, qualcuno gigioneggia senza troppi pensieri. Poi una voce inizia a gracchiare da una radio: è l’anfitrione misterioso, l’ospite invisibile. Quella serata, spiega, non sarà affatto una festa, bensì una gara di intelligenza e astuzia con in palio la vita di ognuno di loro. Sapranno salvarsi battendo in arguzia l’ospite, oppure moriranno entro la fine della serata?

Due cover del romanzo

Agatha, sei tu?

So che la prima cosa che avete pensato è stata: “Ok, ma questa sembra la trama di “Dieci piccoli indiani“”, e la risposta è “Oh yes, my dear“. La questione c’è, è innegabile. Il libro dei coniugi Manning viene pubblicato nel 1930, il libro più famoso di zia Agatha arriva nel 1939. Non si tratta di due testi identici, è chiaro. Impossibile, quindi, parlare di plagio, ma diciamo che l’espressione “forte ispirazione” sembrerebbe appropriata. La struttura del giallo è esattamente la stessa: una camera chiusa (nel primo caso un appartamento americano, nel secondo caso un isola dalla quale non è possibile allontanarsi), la presenza della servitù che fa solo da “braccio” operativo di un ospite che nessuno conosce, delle missive che raggiungono gli invitati senza troppi dettagli, la vanità e la curiosità di chi giunge sul luogo, i personaggi che raccontano di sé tracciando ritratti psicologici e splendidi affreschi di vizi e virtù. No, il finale non è lo stesso.

La locandina del film del 1934 tratto dal romanzo L’ospite invisibile

Lo storico della narrativa poliziesca Curtis Evans, in un’introduzione all’edizione britannica de L’ospite invisibile, cita la “sorprendente somiglianza” tra i due romanzi, dicendo che non è “solo una questione di elementi simili in gioco: l’intera idea di base della trama è la stessa, nonostante le variazioni ingegnose che Christie vi ha giocato”. Va sottolineato, come fa un articolo del The Guardian, che in Inghilterra il romanzo dei due giornalisti americani non venne mai pubblicato (la prima edizione è – incredibilmente – solo del Dicembre 2021 ad opera della casa editrice Dean Street Press). Ciò “scagionerebbe” Queen Agatha? No, Sir, no madam. Perché nel 1934 il libro divenne una pellicola cinematografica di grande successo con il titolo “The nineth guest“. Ovviamente, sempre citando dall’articolo del The Guardian, Anna Hervé, direttore editoriale per la parte dei romanzi della Christie, per HarperCollins, ha dichiarato che “anche se ci sono “somiglianze” tra i romanzi, non c’è “nessun legame evidente” tra loro e che se la scrittrice avesse preso spunto lo avrebbe detto. Un bel mistero, insomma o forse davvero un semplice quanto incredibile caso di somiglianza fra due trame geniali?

Ma com’è questo romanzo, quindi?

“L’ospite invisibile” è un giallo molto bello con tratti di thrilling ben fatti e con una bella spolveratina di “non staccarti dalle pagine, tanto non ce la puoi fare” che – a mio avviso – rende qualsiasi libro un libro che vale la pena leggere. Ho amato la riflessione finale: io ci ho letto dei richiami al tema dell’origine del male, come vi dicevo all’inizio. Ho trovato ottimi anche i dialoghi, per niente “invecchiati male”. Pecche? Le prime pagine in cui c’è la presentazione dei personaggi tramite i telegrammi: si fa fatica a capirci qualcosa, problema che si supera agilmente durante il resto del romanzo.

Consigliato: 
Adatto agli sherlockiani: sì
Da leggere più volte: perché no?

Bruce Manning e Gwen Bristow
L’ospite invisibile
Mistery TEA
Euro 10,00
(Non è disponibile in versione digitale)