La stanza di Sherlock

Breve storia del romanzo poliziesco – Recensione

Un saggio del 1962,esplora le origini del genere, fra follie e timori romantici, lumi della ragione e storia della nostra società

Lui è spacciato, ce lo sentiamo: se non correrà più forte di così sarà la volta buona che quel manigoldo avrà la meglio su di lui; infila la porta delle scale, sente dietro di lui l’affanno dell’inseguitore alle sue spalle, ecco un’altra porta e… pubblicità.

Questa modalità di interruzione della suspance che ci fa odiare la televisione (e amare il cinema, prima e ora le piattaforme in streaming) ha la sua origine nell’Ottocento. Ad interrompersi, allora, erano le vicende dei grandi personaggi d’avventura sui feuilleton, i romanzi d’appendice che comparvero per invogliare i lettori ad acquistare i primi periodici che iniziavano il loro percorso nella storia dei media. Le vicende erano spesso lunghe e intricate proprio per accontentare i lettori e tenerli sempre legati alle narrazioni stampate sulle pagine. Il pubblico era vario, difficile scoprirne i gusti e quindi le trame dovevano seguire solo un criterio: si vendevano bene? Se la risposta era “sì”, allora quella era la strada da seguire. Poca innovazione, nessuna forma di ricerca o azzardo sperimentale. Fare soldi era il solo obiettivo.

Il professor Alberto Del Monte (1924-1972) filologo e ispanista italiano, cercò di ripercorrere nel suo “Breve storia del romanzo poliziesco” pubblicato da Laterza nel 1962, i percorsi che il romanzo di detection dovette compiere per diventare quello che era negli anni Sessanta. Il tentativo fu certamente riuscito, perché le analisi sono interessanti e per nulla banali, ma la forma del saggio è decisamente datata: verboso e con capitoli interi di lunghe citazioni di autori e titoli che lasciano assolutamente il tempo che trovano. Ma andiamo insieme al sodo: qual è, l’origine del romanzo “giallo”? Davvero i primi indizi li possiamo trovare nell’Edipo Re?

Il mondo della detection: uno svariato incrociarsi di strade

Inchieste da archivare

La risposta alla domanda di cui sopra è “no”. Un “no” secco e deciso, anzi, quasi un po’ sbuffante. Secondo il professore cercare di individuare le tracce del romanzo giallo nella storia della letteratura precedente, come per esempio analizzando le vicende di disvelamento e suspance dell’Edipo Re, oppure il caso della morte del padre di Amleto e le sottili “indagini” del figlio per vendicarne la scomparsa, è una vera sciocchezza. “Cercare gli antecedenti – leggiamo nel saggio – è un’inchiesta fatta su un caso da archiviare”. Questo perché il genere poliziesco è un fenomeno letterario che è “espressione di una determinata realtà storico culturale, esito di una certa concezione del mondo, di una determinata cultura”.

I lumi della paura

Secondo l’analisi di Del Monte il gusto del pubblico verso le storie di criminali, di vite al limite e di chi cercava di rimettere ordine a questo caos almeno fra le pagine di un romanzo, si è formato nel tempo e grazie all’incontro fra due grandi bacini culturali che appaiono sì uno l’antitesi dell’altro eppure sono intersecati profondamente fra loro: Illuminismo e Romanticismo.

Del Monte nota come fra i primi “reportage” venduti a buon prezzo dedicati alle ultime parole dei condannati a morte nella prigione di New Gate, messi su carta dal Priore che si occupava della loro anima, la storia verissima dell’ex delinquente e poi capo della polizia Eugène-François Vidocq, le indagini fisiognomiche di Lavater che cercava di capire dai tratti di un uomo la sua tendenza criminale e la nascita di Auguste Dupin, Sherlock Holmes, Zadig e il capitano Achab (sì, esatto, lui), esiste un filo rosso che storia, società e sviluppi culturali hanno tessuto fino ad arrivare alle pagine dei Gialli Mondadori che così ben conosciamo.

Eugène-François Vidocq, il suo libro di memorie fu di ispirazione per moltissimi autori

La voglia di scientificità era accompagnata da un risvolto della medaglia imprescindibile, ossia quello di figure solitarie, intellettuali, argute e “strane” che rappresentavano sia il perfetto simbolo della ragione incarnata (come Dupin, Sherlock Holmes, o Lecoq) sia l’immagine perennemente tormentata, dandy e affascinante del tipico uomo intriso di romanticismo fino alla punta dei capelli.
I detective di Poe, di Gaborieau e di Doyle (fra gli altri) sono “transfughi della realtà – scrive Del Monte – persone che cercano evasione da un mondo che non li soddisfa”. Del cavaliere di Edgar Allan Poe, che esce solo di notte e vive in casa alla luce soffusa delle candele, Del Monte scrive: “Dupin è pienamente un eroe romantico, con la sua asocialità, la sua estraneità alle vicende del mondo. La sua razionalità – continua – non è la luce che conquista bensì un baluardo contro l’umano sfacelo”. Eccola qui la fusione perfetta fra lumi e romanticismo.

La polizia divenne sempre più il contraltare “sciocco” del detective arguto e un po’ fuori dalle regole ma al servizio della giustizia.

E poi venne il giallo

Da Dupin in poi (come in molti sostengono) il personaggio del detective, dell’uomo mezzo diavolo e mezzo angelo della giustizia, diventa un prototipo sviluppato, migliorato e spesso deturpato per tutti gli autori che seguiranno e che vorranno anche guadagnare qualche soldo facile. Lo stesso Doyle, lo sappiamo bene, medico oculista senza troppi pazienti, inventò Holmes proprio per sbarcare il lunario, creando uno dei migliori personaggi della letteratura mondiale (del quale, però, voleva liberarsi). Dopo di lui tanti: ecco la stessa Agatha Christie che rivede e reinventa una parte della storia del giallo concentrandosi sulla psicologia dei convenuti sulle pagine, insieme a Poirot anche lui dandy in parte fragile e solo; a seguire personaggi come Peter Wimsey, il lord di Dorothy Sayers, Ellery Queen l’eterno bambinone, e prima ancora James Spade, e con lui Marlow. Come in una ricetta perfetta, i vari personaggi leggendari della storia della detection nascono sulle spalle dei giganti ma vedono lontano e spesso cambiano abito, aggiornandolo o indossando piccole o grandi varianti che hanno fatto imboccare nuove strade alla storia di un genere letterario. Del Monte lo dice in apertura del suo saggio: in Italia il giallo è sempre stato trattato con “snobbismo” come se facesse parte di un mondo che non è letteratura. Ma come dice Carlo Oliva insieme a Massimo Bonfantini in “I maestri del giallo“, non si tratta di giudicare i generi bensì la sostanza degli scrittori: c’è ottima letteratura nei gialli o nei fumetti, come ce ne è di pessima nei grandi romanzi.

Dandy e romantico per eccellenza, Sherlock Holmes è stato una pietra miliare nella storia della letteratura: gli epigoni non si contano.

Il saggio di Del Monte, non facilissimo da trovare in commercio perché fuori catalogo (ma una buona ricerca online potrebbe aiutarvi), è da leggere perché garantisce solide basi per chi cerca di scoprire di più di un genere importante e amato, ma non è di certo una lettura facile o veloce e manca dell’immediatezza e della “furbizia” di un saggio potenzialmente rivolto ad un pubblico non accademico.

Consigliato: sì
Adatto agli sherlockiani: sì
Da leggere più volte: no

Alessandro Del Monte
Breve storia del romanzo poliziesco
Laterza – 1962
Fuori catalogo ma acquistabile online con un po’ di fortuna