
Un giallo per ragazzi dagli 8 anni in sù che regala una storia misteriosa di buon livello ma soprattutto una “nave mondo” piccola, ottocentesca e piena di temi importantissimi.
Ella Risbridger ha uno di quei volti che invidierò tutta la vita. Pulito, solare, semplice e insieme bellissimo. E non sono gli occhi chiari o i capelli ricci, è proprio l’insieme sorridente e pacificante, “rotondo”, che mi lascia stralci di sospiri mentre, inevitabilmente, mi ci paragono. Eppure nonostante quest’aria così serena e solare, come quel venticello fresco che entra nelle mattine di primavera se apri le finestre alle 6 (sì, anche a Milano, a volte), la sua storia è stata tutt’altro che una passeggiata.
Il suo libro più famoso, “Il pollo di mezzanotte”, è un ricettario di cucina che, come lei stessa racconta, in qualche modo le ha salvato la vita dopo aver avuto enormi disturbi invalidanti dovuti all’ansia. Ad avvicinarla alla cucina era stato il suo compagno, dal cui lutto poi Ella ha dovuto riprendersi con una forza senza confronti. Ed è in questo periodo che nasce “Delitto in alto mare” il primo (e per il momento unico) libro per ragazzi scritto da questa autrice inglese classe 1992, che di professione scrive tutto e di tutto e lo fa con grazia, una dote che – ne converrete con me – è piuttosto rara.
“Delitto in alto mare”, il cui titolo originale è “The secret detectives”, è stato pubblicato in Italia nel 2021 dalla casa editrice Edicart (la cui selezione editoriale trovo sempre eccellente). È un libro apparentemente semplice. Succede sempre così anche quando guardi i grandi sportivi in tv: quei salti, quelle piroette, quelle corse sembrano fattibili, fino a che non pensi bene a che cosa significherebbe se dovessi provarci tu.

È la stessa Risbridger a spiegare in un post sul suo profilo Instagram che cosa è davvero stata questa storia per lei:
È un prequel in salsa mystery de “Il giardino segreto”, ambientato in alto mare, e parla di amore, morte, zucchero, amicizia, razzismo, colonialismo, parole grandi, piccoli gesti e navi. Nel 1892. L’ho scritto per la me bambina, cercando di capire come esistere felicemente nel mondo come persona neurodiversa; e per la me adulta che cerca di capire come esistere felicemente come persona che affronta nel mondo un lutto; ed è una delle cose che ho scritto che preferisco in assoluto.
Ecco: che la storia di Isobel, Lettie e Sam potesse essere quella precedente al classico di Frances Hodgson Burnett, proprio non ci avevo pensato. Eppure Isobel è proprio Mary Lennox sotto altra identità. Invece, che il libro fosse oltre ad un ottimo giallo classico anche una strada per parlare dell’essere diversi e del doversi barcamenare nel mondo mentre molti pezzi crollano, ecco, quello sì, è stato evidente da subito ma per nulla ingombrante.
La trama
Il libro racconta del viaggio da Calcutta alle coste inglesi della piccola nave postale Marianna. Siamo nel 1892 e a bordo ci sono Isobel Petty, una ragazzina di 11 anni nata in India da genitori inglesi completamente assenti (moralmente prima e fisicamente poi); Letitia, ragazzina della buona società inglese coetanea di Isobel, e poi Sam, un ragazzino orfano di madre, figlio di uno stimato professore indiano. Insieme a loro tanti altri personaggi, ognuno descritto e delineato proprio come in un omaggio al treno mondo di Agatha Christie, che nel caso di Risbridger diventa una nave.
Ma è Isobel la protagonista della storia. Deve raggiungere uno zio in Inghilterra dopo la morte dei genitori, e il viaggio lo farà insieme alla madre di Letitia – che verrà nominata per tutto il libro solo come “la moglie del comandante Harrington-Davis”.
Durante una delle sue piccole fughe dalla cabina che condivide con Lettie, Isobel assiste senza essere vista ad un omicidio: una persona è stata gettata fuori bordo da una figura misteriosa, e nessuno sembra essersi accorto di nulla.
Ad assistere al fatto però Isobel non è sola. Sam ha visto la stessa cosa. Insieme i due decideranno di indagare sul mistero impossible, per poi nei loro piani, a giochi conclusi, condividere il tutto con gli adulti a bordo della nave. In un delizioso sviluppo di trama, anche Letitia e persino il fratellino di lei (insopportabile il giusto) si avvicineranno alle indagini, ognuno portando con sé le proprie specialità, i propri dubbi, gli errori e i tentativi di esserci.
Isobel esitò. “Non mi piace che la gente guardi il mio taccuino” disse.
“Ma io non sono la gente – rispose Sam con naturalezza – Sono Sam Khan e sono l’Holmes del tuo Watson. O il contrario se preferisci.

Com’è questo libro, quindi?
Scritto con una prosa leggera, semplice ma non semplicistica o semplificata, “Delitto in alto mare” è un giallo vero ma che è immerso e accompagnato da una bella storia di amicizia e di formazione. Uno non è il pretesto per l’altro ed è questo che rende l’intento della Risbridger assolutamente raggiunto. Scoprire che il suo intento era, infondo, di scrivere una storia che la “curasse”, rende questa storia ancora più preziosa e bella da leggere.
L’unico peccatuccio, se davvero vogliamo cercare il pelo nell’uovo, è forse una parte centrale leggermente lunga e ripetitiva nei meccanismi di avanzamento della storia, ma nulla che possa renderne la lettura sgradevole o pesante.
Ideale per ragazzi e ragazze dagli 8 anni in sù, questa storia racconta di come è possibile scoprire se stessi attraverso lo specchio degli altri, che non è detto siano fondamentali ma possono diventarlo se noi lasciamo che entrino nel nostro spazio. Temi come la diversità, il razzismo, la costruzione del sé, la capacità di credere in quello che si è, la gestione della solitudine, del lutto, e personaggi di contorno ben delineati, creano alla fine un libro delicato ma insieme avventuroso e con dialoghi ben costruiti.
Il giallo? Classico e interessante. Le atmosfere? Perfette: intime, ben raccontate, quasi alla Christie anche se meno “impettite”.